sabato 27 maggio 2017

Il solito pastrocchio all'italiana sulle nomine ai musei

Il Tar del Lazio ha annullato le nomine del ministro Franceschini di cinque direttori (su venti) di musei italiani perché "il bando della selezione non poteva ammettere la partecipazione al concorso di cittadini non italiani in quanto nessuna norma derogatoria consentiva di reclutare dirigenti pubblici fuori dalle indicazioni tassative espresse dall'articolo 38. Se infatti il legislatore avesse voluto estendere la platea di aspiranti alla posizione dirigenziale ricomprendendo cittadini non italiani lo avrebbe detto chiaramente".

Per i giudici, inoltre, la prova orale si sarebbe svolta in modo illegittimo: "a rafforzare la sostenuta illegittimità della prova orale - si legge - la circostanza che questa ultima si sia svolta a porte chiuse". 

Questi, inoltre, stigmatizzano i «criteri magmatici» (sic!) seguiti per le valutazione dei candidati.

Il solito pastrocchio italiano, insomma. Quindi, si mettano d'accordo: prima fanno la paternale a noi Piemontesi, dandoci dei "provinciali" perché non accettiamo di "condividere" il nostro museo egizio con tutto il mondo, poi loro vogliono direttori muniti della cittadinanza italiana. E se noi all'Egizio pretendessimo un direttore Piemontese? Ve lo immaginate che scandalo?

Certamente lo stato italiano - che ci ricordano dal Mus3o Eg*z*o è il proprietario del patrimonio culturale piemontese - non fa una bella figura: nonostante la boria e la prepotenza si vede bene come vengono gestite le nostre memorie storiche. Il bello è, poi, che questi fenomeni vengono a fare le pulci ai Piemontesi, trattandoli con sufficienza e disprezzo.

In qualsiasi paese europeo il ministro sarebbe già stato dimesso o, meglio, si sarebbe già dimesso per la vergogna.

sabato 25 marzo 2017

A Catania partono con i bandi. Bugie con le gambe corte e le orecchie lunghe

«Nessun accordo è stato ancora firmato e sono tuttora in corso le opportune valutazioni di fattibilità del progetto al fine di produrre una bozza di accordo condivisa e definita...», spergiuravano alla fondazione del Museo Egizio.

Sono passati appena una ventina di giorni, ma le bugie hanno mostrato le loro gambe corte. A Catania sono tornati a sbugiardarli, dimostrando di avere le idee chiare e ribadendo che l’accordo ufficiale «a inizio anno è stato firmato (...) per l’apertura di una sezione del Museo Egizio piemontese nella città etnea»
Non solo, ma hanno piena coscienza delle tempistiche e degli obiettivi: «entro la prossima settimana è previsto il bando per gli interni. (...) i lavori di ristrutturazione, e quelli che seguiranno, seguono la guida direttamente del Museo Egizio di Torino. Il cantiere dovrà essere completo entro giugno e nei sei mesi successivi sarà consegnato all’azienda che si occuperà dei lavori e che dovrà concluderli entro un semestre. La prima scadenza fissata è per ottobre, mese in cui le stanze dovranno ospitare i primi manufatti del Museo Egizio».

Poiché in Comune sia il direttore Greco che la soprintendente  Papotti hanno detto che "nessun accordo è stato ancora firmato", ci dovremmo aspettare che la fondazione e la soprintendenza smentiscano queste nuove affermazioni - che i media di Torino continuano a tacere. Perché delle due l'una: o mentono a Catania, o mentono a Torino. In questo caso dovrebbero entrambi dimettersi e il Comune dovrebbe riconsiderare profondamente il suo impegno nella fondazione.

Purtroppo, ciò che emerge chiaramente è la logica politica sottesa a tutta l'operazione, di cui i soggetti coinvolti sono gli esecutori, che consiste, come ha dichiarato Greco, nel «radicare ancora di più il museo nel territorio nazionale». In altre parole, come è gia capitato decine di altre volte, da Torino chiunque può portare via ciò che vuole, confidando sulla complicità degli amministratori locali e sull’omertà e la malafede dei mezzi di informazione.
Ora è il turno  della cultura: Torino dovrà prepararsi a perdere quanto più possibile di ciò che la rende unica, rassegnandosi a vedere disperso quanto del proprio patrimonio risulterà trasferibile e “condivisibile” (che in neolingua significa “a disposizione degli amici degli amici”). 

Alla faccia della propaganda, l'operazione scippo è stata condotta con assoluta arroganza, contro gli interessi di Torino e sopra le teste dei cittadini - che non erano nemmeno stati informati. Quando, in pochi giorni, sono state raccolte oltre 12.600 firme contro la sciagurata manovra, la fondazione ha diffidato la cittadinanza - come se le antichità raccolte e custodite con amore in oltre 250 anni fossero cosa loro e ne potessero disporre a loro gusto e piacimento. 

«Se e quando verrà formalizzato l’accordo con Catania», dicevano Christillin e Greco, prendendo apertamente in giro (?) i Torinesi e accusando il Comitato di diffondere notizie false. La soprintendente Papotti dichiarava che il percorso che doveva portare i reperti torinesi a Catania era appena «agli stadi iniziali». 

Non era vero niente, oppure a Catania si sono bevuti il cervello. Vale la regola: dite quello che volete, ché tanto andiamo avanti lo stesso?

Noi ci auguriamo che i Torinesi sappiano manifestare il coraggio che ora serve per non lasciare ancora depauperare la loro città, non dando retta a coloro che parlano a nome di interessi che non sono quelli della capitale del Piemonte.

mercoledì 22 marzo 2017

E se la "sezione distaccata" la facessimo a Moncalieri?

Poiché i carabinieri lasceranno presto il castello di Moncalieri, rendendo di nuovo fruibile alla collettività questo importantissimo monumento, quindici giorni fa la minoranza consiliare ha presentato una mozione congiunta per "proporre la candidatura del castello di Moncalieri al fine di ospitare la sede della succursale del Museo Egizio".

Nel medesimo documento si chiedeva alla giunta di "predisporre gli atti e le iniziative necessarie per rendere effettiva ed immediata tale proposta  di candidatura".

Visto che a Catania lo stato italiano ha già speso 2,6 milioni di euro per restaurare l'ex convento dei Crociferi ci aspettiamo che le istituzioni, soprintendenza in primis, si attivino presso il ministero affinché questo spenda la medesima cifra a Moncalieri, in modo da poter adeguatamente allestire gli spazi per la sede museale.

Come si vede la scusa della mancanza di spazi disponibili è, appunto, una scusa - che non sta né in cielo né in terra.

Insomma: e se la "sezione distaccata", se proprio si deve, si facesse a Moncalieri, invece che in Sicilia? Quali interessi si opporrebbero a questa soluzione? Qual'è il fine vero dell'attuale operazione?

O la volontà è, invece, proprio quella di fare uno spezzatino del M*s3o Egiz1o e di impoverire Torino e  il Piemonte?

martedì 21 marzo 2017

E farsi furbi e pretendere ciò che è nostro?


Fateci capire: in Sicilia per un centinaio di metri quadri della casa natale di Pirandello lavorano una sessantina di persone.
A Torino in tutto il polo reale (46mila metri quadri) gli addetti totali sono 106, di cui appena 32 al M*s3o Egiz1o.

Cioè (tralasciando la incomparabile importanza tra le due istituzioni) lo stato italiano destina alla Sicilia 261 volte i soldi per il personale che al Piemonte. Poi c'è qualcuno che, da noi, si vanta ancore che il M*s3o Egiz1o si mantiene coi biglietti venduti, mentre lo stato non caccia un soldo. Bella roba! Bravi furbi. E lo stato cosa fa? È sempre occupato altrove? Torino non vale proprio niente? Allora è vero che ci sono figli e figliastri. Cosa hanno da dire al riguardo il Sindaco e il presidente della Regione? E la soprintendente?

È quanto si evince dalla bella trasmissione di Massimo Giletti L'Arena del 19 Marzo.

I Torinesi devono pretendere dallo stato italiano, in questo caso dal ministro Franceschini, il medesimo trattamento - altro che venire dileggiati. O loro valgono meno?

Ci dica, signor ministro della repubblica.

venerdì 17 marzo 2017

Ora sono arrivati i "fenomeni"...

Riportiamo una significativa pagina storica (pag. 26) dall'Introduzione del volume dell'indimenticato professor Silvio Curto L'antico Egitto nel Museo Egizio di Torino (Tipografia Torinese Editrice, 1984): 

"Quel programma ebbe successo, procurò a Torino anche nuovi e preziosi ritrovamenti della zona tebana e riportò il Museo in primo piano. 
Seguì un'altra battuta di arresto, con la seconda guerra mondiale, durante la quale, nel 1943, le grandi statue vennero messe al riparo dall'offesa aerea con protezioni di muri e di sacchi di sabbia e gli oggetti mobili imballati e trasportati fuori città. 
Tutto ciò a cura delle Forze Armate Tedesche, mentre furono poi, nel 1945, i Comandi Militari Alleati a riportare le casse a Torino e rimettere in ordine l'edificio, caso forse unico di collaborazione fra belligeranti per salvare un patrimonio d'arte e di storia".

Torino ha raccolto, curato e difeso questo patrimonio per due secoli. Ora sono arrivati quattro "fenomeni" saccenti a spiegarci che "il museo è di tutti" e che dobbiamo "condividerlo" per non passare (sic!) da "provinciali".

Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini.

martedì 14 marzo 2017

Ma la Soprintendenza a cosa serve, da che parte sta e cos'ha da nascondere?

Poiché non ci è mai stata chiara la dinamica dell'operazione "scippo", anche se ne sono evidenti le motivazioni e la logica sottese, abbiamo pensato di fare un po' di chiarezza e di andare a vedere quali erano i documenti di conferimento di un bene comune (le collezioni egizie di Torino) alla Fondazione. Che, giova ricordarlo, è amministratrice pro-tempore di questo importantissimo patrimonio torinese, ma niente affatto il padrone.

Si è quindi rivolta formale richiesta di accesso agli atti alla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per avere copia del conferimento dei reperti dal ministero alla Fondazione, nonché le dichiarazioni di interesse culturale sulla collezione archeologica. In pratica: quali pezzi erano nella sua disponibilità e quanti erano vincolati.

Questo il 28 Febbraio. Scrivemmo allora: "ora la Soprintendenza ha 30 giorni per rispondere: staremo a vedere". In realtà, non abbiamo dovuto attendere molto, in quanto la Soprintendenza ha risposto a stretto giro, non fornendo i documenti con una scusa speciosa, che non sta assieme neanche attaccata con lo sputo. 
E i Torinesi dovrebbero affidarsi a queste istituzioni e fidarsi alla cieca sul trasferimento dei reperti egizi a Catania, quando non hanno nemmeno il bene di sapere quanti  e quali sono i reperti conferiti?

Ma perché tutto questo riserbo? Perché la Soprintendenza non risponde ai cittadini e si arrampica sui vetri? Perché si preoccupa della "natura giuridica" del Comitato e non si attiva per scongiurare quello che sarebbe un grave danno per l'identità torinese?

Bell'esempio di trasparenza e di rispetto della cittadinanza! Intanto il terminale torinese del ministero romano non ha avuto nulla da obiettare per l'abbattimento dello storico scalone del Mazzucchetti nel palazzo dell'Accademia delle Scienze, durante i lavori di ristrutturazione per l'attuale allestimento del M*seo Eg*z1o (come, d'altronde, per la distruzione delle gallerie di Pietro Micca, dei reperti di piazza San Carlo, per l'abbattimento della Venchi Unica, della Diatto, di stazione Dora, ecc. ecc.).

Ma insomma, sorge allora spontanea la domanda: questo ente lavora proprio contro l'identità piemontese - o è soltanto una nostra impressione?

Certamente tutto il sistema di tutela dei nostri beni culturali andrebbe completamente riformato, assegnando competenze, organizzazione e risorse al Piemonte e togliendole definitivamente ai proconsoli di uno stato lontano e, quando va bene, assente.